Giovanni Sorbi

(Siena 1695-1764 ca.)

Ritratto della Serva di Dio suor Angela Caterina Borgia, 1743

Olio su tela, cm 97x73 

Roma, Monastero di Santa Lucia in Selci, Coro

 

Il ritratto ad olio su tela conservato nel coro delle monache agostiniane di Santa Lucia in Selci di Roma presenta la viva immagine della Serva di Dio suor Angela Caterina Borgia ed è opera del pittore senese Giovanni Sorbi.

Le vicende legate alla sua realizzazione possono essere oggi in gran parte ricostruite attraverso gli atti del processo ordinario informativo che è stato istruito, tra il 1744 e il 1748, a seguito della morte in concetto di santità di suor Angela Caterina il 31 gennaio del 1743. Nelle trascrizioni delle varie testimonianze relative alla vita della religiosa, infatti, si ritrova la toccante dichiarazione rilasciata dall’artista, chiamato a riportare gli avvenimenti straordinari accaduti «in una mattina […] nel principio dell’anno scorso 1743 nel colmo dell’inverno in una giornata di freddo rigidissima».

Quel giorno il pittore riceve nel suo studio romano l’inaspettata visita del «Signor Abbate Borgia in compagnia del Signor Cavaliere suo fratello», a lui legati da un precedente rapporto di «servitù, ed amicizia». I due nobiluomini lo invitano ad andare immediatamente con loro per realizzare un ritratto, ma quando precisano «che doveva ritrarsi una morta» il pittore inizia a tergiversare, fino a quando non viene a sapere che si tratta della sorella dei due committenti. Sciolte le riserve i tre si avviano in carrozza verso il monastero, in cui riescono ad entrare grazie ad una licenza speciale rilasciata dal Cardinal Vicario. L’artista viene allora accompagnato in una stanza con una grande finestra aperta in cui era stato composto il corpo della donna e qui inizia a compiere il proprio lavoro, cercando «di far prendere a detto cadavere miglior lume», senza tuttavia spostarlo da quel luogo ma facendogli semplicemente sollevare la testa. L’attività di Sorbi procede rapidamente e, dopo una pausa per il pranzo a mezzogiorno, si avvia a conclusione nel pomeriggio. Terminate le sue operazioni l’artista tenta di fare ritorno allo studio – dove la tela è poi stata portata a compimento – ma riceve una nuova richiesta da parte dell’abate Borgia, che lo invita a trattenersi fino a sera «perché dovea farsi l’apertura del cadavere, e sperava, che vi sarebbe stato qualche cosa di particolare da designare».

L’autopsia viene eseguita alla presenza di un medico e di un chirurgo e pone subito in evidenza lo straordinario calore conservato dal corpo di suor Angela Caterina, pur essendo trascorse molte ore dal decesso. I due medici cercano in particolare le ragioni dei violenti dolori al cuore da lei sempre accusati e non tardano a trovare nel muscolo «tre pezzi di materia insanguinata di figura bislonga della longhezza di circa un dito, e fra questi uno era un poco più longo degli altri, tutti e tre erano puntuti da piedi, ed andavano ingrossandosi verso la testa. La testa formava due labri di qua e di là, ed in mezzo a questi due labri particolarmente in uno vi era un’altra escrescenza puntuta, come una lancetta». La presenza di questi corpuscoli suscita l’interesse dei dottori, che iniziano ad interrogarsi circa la loro natura; questi elementi vengono allora lavati, asciugati e posti sopra un quinterno di carta. Sorbi viene invitato a riprodurli con precisione; successivamente ne realizzerà alcune copie «tutte fedelmente estratte dal suo originale, e tutto ciò ad istanza del Signor Abbate Borgia, che credo ne dasse una alle monache, e l’altre le mandasse a i Vescovi suoi fratelli». Quelle piccolissime particelle vengono ben presto assimilate alla lancia che ha trafitto il costato del Cristo crocifisso, sia per la loro forma sia per il ricordo di quanto confidato da suor Angela Caterina al confessore, ovvero che «aveva cercato di meditare la passione di nostro Signore e che sperava gliel’avesse impressa nel cuore». Il ricordo di quell’esperienza ha certamente segnato il pittore nel profondo e lo ha indotto ad elaborare la peculiare iconografia della serva di Dio che con una mano mostra ai fedeli il crocifisso e con l’altra indica il proprio petto sofferente.

Va notato che Sorbi, probabilmente proprio grazie al buon esito del lavoro compiuto per la famiglia Borgia, ha ottenuto anche altre commissioni relative a descrizioni anatomiche. Si possono ricordare a questo proposito le illustrazioni del volume intitolato Descrizione d’un feto umano nato colla maggior parte delle membra raddoppiate fatta da Luigi Stampini bolognese professore di chirurgia e dello stesso presentata all’illustriss. e reverendiss. Monsignore Marcantonio Laurenti archiatro e cameriere segreto della Santità di Nostro Signore Papa Benedetto XIV pubblicato a Roma nel 1749. A pagina 14 dell’introduzione si legge infatti che «il Signor Giovanni Sorbi eccellente Pittore e delle cose Anatomiche intendente ha disegnate le Tavole rappresentanti alcune parti del sopradetto Feto, che più al fine propostosi appartenevano». Queste incisioni vengono segnalate nello stesso anno anche nel tomo X delle Novelle letterarie pubblicate in Firenze (coll. 293-296) in cui compare la notizia che è «stato veduto presso il Signor Conte Antonio Simonetta di Milano, nobilissimo Cavaliere, di grande splendidezza, ed erudizione; e che ha una scelta, ed abbondante Libreria, un Libro stampato magnificamente in foglio massimo […] di pagine 7 e di tavole 7 in rame, colla spiegazione delle figure, le quali sono molto eccellenti, e somiglianti a quelle del famoso Anatomista Covvpero».

Questi importantissimi aspetti della carriera di Sorbi non sono stati ancora messi nella giusta luce dagli esigui approfondimenti monografici sull’autore, che si devono in particolare ad Anna Maria Emanuele (Dipinti inediti di Giovan Battista Sorbi: uno spunto per la conoscenza della pittura senese del Settecento, in “Bullettino senese di storia patria”, 112, 2005, pp. 580-596) e a Fiorella Pansecchi (Giovanni Sorbi, un pittore senese a Roma (e una nota su Nicola Michetti), in Arte collezionismo conservazione. Scritti in onore di Marco Chiarini, a cura di Miles L. Chappell, Mario Di Giampaolo, Serena Padovani, Firenze 2004, pp. 367-373). Sulla scorta della biografia del senese scritta nel 1766 da Orazio Marrini (Serie di ritratti di celebri pittori dipinti di propria mano in seguito a quella già pubblicata nel Museo fiorentino esistente appresso l’Abate Antonio Pazzi, con brevi notizie intorno a’ medesimi, parte I, vol. II, XXXXV, Firenze 1766) le studiose hanno posto in evidenza i suoi primi studi compiuti alla bottega di Giuseppe Nasini poi presso Giuseppe Maria Crespi, detto lo Spagnoletto, e infine il suo itinerario tra alcune città lombarde, fino all’approdo a Roma, dove giunge per «copiare i quadri, che dovean lavorarsi a mosaico per la chiesa di S. Pietro: ma per varj occorsi accidenti non fu poi impiegato in tal opera». Anche l’effigie di suor Borgia consente di rilevare gli esiti delle importanti esperienze maturate da Sorbi, in particolare di quelle bolognesi, evidenti tanto nell’intensità degli accordi cromatici quanto nella forza della resa espressiva della protagonista. La tela fornisce allora un altro importante tassello cronologico e stilistico, che permetterà in futuro una più ampia ricostruzione del percorso artistico e umano di questo pittore meritevole.

  • A poco a poco, tu Signore
  • Ci hai fatto per te...
  • Quale sarà la vostra occupazione?
  • Le sorelle siano liete nella speranza