Un luogo di culto dedicato alla martire di Siracusa, dove oggi sorge il monastero, nacque come diaconia al tempo di papa Simmaco (498-514), confermata dai papi Onorio I (625-638) e Leone III (795-816), per la cura dei malati e l'assistenza ai poveri. Poco lontano dal colle Esquilino, era detto “in Selci” dai resti di lastricato romano (silices) del Clivus Suburanus che attraversava la Suburra per salire fino all’attuale Piazza San Martino ai Monti. I clivi, strade in salita, erano nell’Urbe piuttosto numerosi. Nel Medioevo l'attuale via era anche denominata "clivo di San Martino".
La diaconia era nella parte alta della via, dove oggi vi sono i resti di un portico detto “di Livia”: quattro pilastri in travertino, incassati nelle mura e sormontati da cinque archi e piccole finestre poi murate: sono i resti, risalenti al quinto secolo, dell'antica diaconia.
Le Agostiniane presero possesso del monastero fortificato probabilmente nel 1243, in precedenza abitato dai monaci benedettini, poi dal clero secolare e quindi dai monaci certosini, che nel 1370 si trasferirono in Santa Croce in Gerusalemme. Nel 1534 era presente anche una comunità di monache benedettine. Nei secoli il vasto edificio ospitò contemporaneamente più comunità religiose. Nel 1586 Sisto V soppresse la diaconia e trasferì altrove l’antico titolo cardinalizio che, tra gli altri, era stato di Cencio Savelli divenuto poi Papa Onorio III. Verso la fine del XVI secolo si ristrutturò l'antico edificio, incorporando alcune costruzioni.
La chiesa, completamente ricostruita da Carlo Maderno nel 1603-1604, presenta un portale a timpano spezzato che poggia su due mensole a volute. Nel 1637-1638 l'edificio fu restaurato da Francesco Borromini. In buona parte i lavori vennero finanziati con le doti delle monache.
L’interno è un’aula rettangolare con volte a botte e due cappelle per lato. Sulla porta Il Padre Eterno del Cav. d'Arpino, sull’altare maggiore una pala con l'Annunciazione (anonimo del secolo XVI secolo). Sul lato sinistro troviamo la Cappella della Trinità (Landi), tra le prime opere del Borromini, eseguita su incarico di suor Clarice Vittoria Landi. Nel primo altare a destra il Martirio di Santa Lucia di Giovanni Lanfranco, negli altri altari la Madonna con Sant'Agostino e Santa Monica (del Cav. d'Arpino) e San Giovanni che comunica la Madonna (di Giovanni Battista Speranza). Quest’ultimo altare custodisce un artistico e prezioso tabernacolo. Il coro e la cantoria sono attribuiti al Borromini, le pitture della volta sono di Antonio Lelli. In questa graziosa chiesa suor Angela Caterina contemplò come le mani sapienti dell’uomo possono realizzare, a gloria di Dio, opere artistiche eccellenti.
L’edificio claustrale fu rinnovato nel 1750 da Antonio Casone. Nel 1796, anche in S. Lucia in Selci si verificò un prodigioso “movimento di occhi” di un’immagine della Madonna, come capitò contemporaneamente in numerose chiese di Roma. L’anno seguente, nel volume intitolato De’ prodigj avvenuti in molte sagre immagini specialmente di Maria Santissima secondo gli autentici Processi compilati in Roma (memorie estratte e ragionate da D. Gio. Marchetti), così si scrisse: “Monastero delle Monache di S. Lucia in Selci di Roma. Di una sagra immagine di Maria Vergine dipinta in tela appartenente a queste religiose, con varj attestati sottoscritti di pugno e confermati con espressioni di giuramento si asserisce, aver essa girato visibilmente le pupille, elevandole anche e abbassandole come in atto di rimirare gli astanti: apparendo anche nel volto della Vergine talora per qualche tempo un colore rosso così vivo, che viene da una di esse assomigliato a quello di cui si riveste il viso di qualche persona allorché si arrossisce. Per persone che ciò depongono come Testimonj di vista anche per più volte sono: suor Candida Maria Calcagni, suor Candida Rosalinda Biondi (vicaria), suor Angela Maria Corea, suor Maddalena Jammarilli (segnata con croce), Vittoria Cesi educanda”.
Noti i fatti che investirono e sconvolsero la vita dello Stato Pontificio alla fine del XVIII secolo. Nel 1873 anche le monache agostiniane di S. Lucia in Selci dovettero subire le leggi di soppressione degli ordini religiosi: una parte delle monache, sebbene espropriate dei loro beni, poté comunque continuare ad abitare il monastero. Nel 1886, con rogito del notaio Lucci, la proprietà dell’edificio e della chiesa passarono al Comune di Roma. Fu nuovamente concesso alle monache di abitarlo, il Comune vi ospitò in aggiunta altre comunità religiose: le Clarisse (di S. Lorenzo in Panisperna) e un’altra comunità di agostiniane (di Santa Maria delle Vergini). Nel 1924 la Pia Opera dei Catecumeni e Neofiti venne in possesso dell’edificio grazie ad una permuta con la municipalità.
La comunità agostiniana è oggi costituita da una ventina di monache. Negli ultimi decenni da questo monastero sono nate tre fondazioni: nel 1985 il monastero del Santo Nino in Mohon a Talisay City (Cebu, Filippine), nel 2000 il monastero di Santa Rita da Cascia nella città di Campiña in Romania, nel 2007 il monastero di Nostra Signora della Grazia in Nuova Scozia nel Canada. Alcune monache, negli anni, sono andate “in soccorso” di altri monasteri italiani, tra i quali quello affiliato di Santa Chiara e San Sebastiano a Genova.