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Nelle malattie sempre volle vicino al letto il suo Ecce Homo di carta pesta, per poterlo contemplare continuamente. Disse d’aver “ricevuta una viva cognizione delle offese, che si fanno a Dio dai peccatori, e sentì in sé tal pena, che si espresse in quella proposizione: Non averei mai creduto, che fosse così gran pena la cognizione, che si ha delle offese fatte a Dio, maggior di questa non credo, si possa dare”. Aumentarono i dolori reumatici, i mal di capo, i problemi polmonari. Parlava delle prove da superare dicendo d’essere costantemente assistita da Dio. Una sera, per alleviarle il dolore di capo, le fecero un salasso, ma per tutta la notte seguente assistette comunque una vicina di stanza che aveva “dolori di calcoli”. Non mancarono le afflizioni spirituali, la paura di non piacere a Dio nella sofferenza. Fu provata dal pensiero d’essere incapace di fare atti buoni. Rinnovò, nell’ultima infermità, la richiesta al Signore di provare i dolori della sua Passione. Un giorno confidò al confessore che le era apparso Gesù coronato di spine. Durante l’ultima malattia, dalle 18 fino alle 21 di ogni venerdì, rivisse l’agonia di Gesù in croce.

Nel rigido inverno del 1743 le condizioni di salute di suor A. Caterina divennero preoccupanti. La polmonite minava inesorabilmente il suo corpo. Spirò con lo sguardo al “suo” Ecce Homo. Erano le cinque del mattino del 1° febbraio 1743. Qualcuno notò che l’ultima malattia era durata 33 giorni. Fu ricordato che suor Angela Caterina il giorno prima si era lamentata dell’eccessivo calore al petto. Si decise così di chiedere un’autopsia, testimone singolare fu il pittore Giovanni Sorbi che eseguì il ritratto di suor A. Caterina poche ore dopo la sua morte. Nel cuore trovarono “nervetti” simili a dei chiodi. Erano probabilmente l’origine dei dolori della defunta, causa di un irregolare flusso di sangue. Quando si diffuse la notizia della morte, in molti chiesero suoi oggetti, la sua stanza divenne meta di devoti. Si può affermare che una certa fama di santità aveva circondato suor Angela Caterina mentre era ancora in vita, anche se lei se ne burlava. Si cominciarono ad ottenere alcune grazie per sua intercessione, ancora oggi nella cosiddetta “grotta della venerabile” o "grotticella" (Foto) sono conservati un paio di bastoni lasciati per “grazia ricevuta”. Qualcuno ricordò quanto aveva detto san Filippo Neri, frequentatore del monastero nel XVI secolo, che un giorno, tra quelle mura, sarebbe vissuta una grande santa. A pochi mesi dalla morte si istruì il processo ordinario informativo di beatificazione (anni 1744-1748), a seguire si svolse il processo canonico. Notizie interessanti furono anche annotate nelle Cronache Fermane, autore il fratello Alessandro. L’iter del processo si arrestò 1763, probabilmente a causa degli avvenimenti che dopo pochi anni sconvolsero lo Stato Pontificio. 

 

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  • A poco a poco, tu Signore
  • Ci hai fatto per te...
  • Quale sarà la vostra occupazione?
  • Le sorelle siano liete nella speranza